Le profezie dell’Humanae Vitae

La pillola contro la civiltà occidentale (50 anni dopo)

capitolo I

LA GRANDE CONTESTAZIONE E IL CONCILIO

Correvano gli anni della grande contestazione, anni di profondi mutamenti che segnarono un passaggio d’epoca nella società occidentale. Anche per la Chiesa fu un tempo di riflessione e di trasformazione e il Concilio Vaticano II convocato da Giovanni XXIII diede inizio ad una nuova stagione ecclesiale, un “voltar pagina” che per molti risultò (e tutt’ora risulta) fortemente indigesto. Furono dunque anni travagliati, un’epoca per certi versi fortemente destabilizzante, per i fedeli che – mentre vedevano la società rifiutare Dio, potremmo dire, “in massa” – toccavano con mano la radicalità di alcune novità approntate dal Concilio nello spirito e nella vita della Chiesa. Allo stesso tempo, però, si poté sperimentare il soffio dello Spirito Santo che ispirò due santi pastori chiamati a guidare la barca di Pietro per traghettarla verso il nuovo millennio: Giovanni XXIII e Paolo VI. La gravità del loro compito stava nel seguire le vie tracciate dallo Spirito per andare incontro agli uomini e alle donne del loro tempo senza però tradire l’integrità del deposito della fede, l’insegnamento trasmesso dagli apostoli e conservato per secoli dalla Chiesa. Fu proprio questo il doloroso nodo che Paolo VI dovette sciogliere affrontando il problema della regolazione delle nascite, un argomento sul quale la Chiesa si era già autorevolmente pronunciata in precedenza con l’enciclica Casti Connubii di Pio XI nel 1930 e con Pio XII che ribadirono il valore intrinsecamente negativo della anti-concezione artificiale, lasciando ai coniugi la possibilità di attingere ai metodi naturali.

Difatti l’invenzione e la diffusione della pillola anticoncezionale (liberalizzata in Francia nel dicembre del 1967 con la legge Neuwirth) mise le ali a quel movimento che, negli anni della grande contestazione, chiedeva – tra le altre cose – una liberazione sessuale che significasse il “riappropriamento” del proprio corpo a dispetto di ogni tipo di autorità morale e di ogni regola religiosa, sociale e politica. Libertà sessuale come sinonimo di felicità e realizzazione fu il motto di una protesta che minava alle basi la tenuta antropologica della società. Fu in questo contesto che la pillola sembrò un miracolo caduto dall’alto, una manna dal cielo: quella piccola pasticca avrebbe separato per sempre il sesso dalla procreazione rendendo più realistico e materialmente raggiungibile il sogno utopico di una società sessualmente liberata. Il movimento femminista che reclamava il diritto di usufruire del proprio corpo liberandosi dal “giogo della maternità” e di una struttura sociale patriarcale, fece della pillola una bandiera considerandola – assieme all’aborto – un diritto inalienabile necessario per vincere la sua battaglia politica e culturale. Tutto questo legato al dilagare di una “cultura della morte” grazie alla diffusione del neomalthusianesimo assunto dall’ONU e da potenti ONG come la International Planned Parenthood Federation; un pensiero che – basandosi sulle teorie demografiche di Malthus, mirava principalmente a un controllo generale delle nascite (Rapporto Kissinger 1974) come aiuto allo sviluppo secondo l’ideologia della “sicurezza demografica”. (Cfr. M. Schooyans, pp. 90-110), al sostegno dell’ecologismo (Il culto alla Terra contro l’uomo predatore e sterminatore dell’ambiente e delle riserve di cibo) e del femminismo. Un sistema quindi che prendeva di mira la famiglia tradizionale per imporre nell’agenda mondiale nuovi tipi di famiglia (monoparentale, omosessuale, single…) con una mentalità utilitarista e sterile (Temi che l’ONU svilupperà nella Conferenza di Rio del 1992 e nella Conferenza di Pechino del 1995)